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Bar Osama Bin Laden.




Alberto Pasolini Zanelli
Lo hanno scoperto proprio alla fine delle due settimane olimpiche. Un “localino” dove diversi atleti vanno a rifocillarsi ma soprattutto a rilassarsi dopo le fatiche e le tensioni della vittoria o della sconfitta nelle acque o nella terra di Rio de Janeiro. È un bar, modesto di prezzo e, riferiscono, come qualità, ma ha un nome che si ricorda: Bar do Bin Laden. Offre un po’ di tutto, ma si qualifica principalmente come pizzeria. Ma anche e soprattutto, si presume, il brivido del proibito, del “satanico”. È raro, anche nei nostri tempi convulsi, che della gente comune vada a rilassarsi sotto il nome di un personaggio drammatico, assassino, assassinato; dell’uomo che ha aperto quindici anni fa la grande stagione del terrorismo che dopo di lui si è diffusa in forme diverse di criminale brutalità. In altri Paesi la denominazione sarebbe vietata, avrebbe suscitato indignazione ben prima del divieto. Ma in Brasile, raccontano, il terrorismo è qualcosa di remoto, che non riguarda questa terra pur tormentata oggigiorno dalla crisi economica, dall’instabilità politica, dalla solita criminalità comune delle sue periferie e delle favelas.
Per cominciare il proprietario non è musulmano. Pare anzi che non gliene importi niente di questa o anche di altre religioni e anche le sue conoscenze storiche sul Medio Oriente sono molto limitate. È un uomo qualunque, si chiama José Felipe de Araujo, faceva l’operaio, faticava e cominciava ad aspirare vagamente alla pensione. Poi un personaggio remoto organizzò il massacro terroristico di New York, si cominciò a parlare di Osama Bin Laden, qualcuno nelle strade di Rio si accorse che José Felipe gli assomigliava molto, come corporatura, come capigliatura, come barba. La voce cominciò a spargersi, l’impressione convertì anche l’interessato e allora José Felipe de Araujo decise di approfittare dell’occasione. Aprì un modesto bar. Offriva come oggi bistecche, bottiglie di birra dell’Antartide e pizze. Ma l’attrazione del suo menu era ed è il nome, che attrae i curiosi. In modo innocente, pare, senza tracce di nostalgici. Al massimo una curiosità un po’ piccante. Non ci sono clienti con il turbante, al massimo giovanotti e ragazze adoratori del piercing. Lui li riceve in jeans corti e sandali, proclama e proclama “questo è il Bar do Bin Laden”; offre cibo abbondante e brivido di nome. Più un biliardo per chi vuole dedicarsi a giochi meno pericolosi. Per gli atleti, comprensibilmente messi su in appetito dai loro sforzi (a cominciare dai lottatori), è l’occasione per un relax nutriente e chiassoso.
Ma non è solo un fenomeno olimpico. Il nome, l’idea hanno trovato imitatori un po’ in tutto il Brasile. Ce n’è uno a Sao Paulo, frequentato da giovani; uno in una città chiamata Salgueiro, nel desolato Nordeste. Hanno menu differenti, ma la stessa insegna. Chi ha provato le pizze si mostra, raccontano, moderatamente deluso: non era quello che cercava bensì un po’ di brivido a prezzo modico. La moda postuma del terrorista si è estesa ora al di là del settore culinario. Uno dei cantanti funk più popolari in Brasile ha scelto come nome di battaglia McBin Laden.
Inquietante? Potrebbe esserlo, qualcuno penserà che dovrebbe. Ma la spiegazione più spesso avanzata è probabilmente giusta e onesta anche se difficile da accettare nel resto del mondo. Il Brasile, pure fra le più spaziose nazioni della Terra, per certe cose è un’isola, lontana dalle “zone calde” di altri continenti ma anche di quello sudamericano, che ha ospitato i Tupamaros (adesso sono al governo in Uruguay), sopportato per decenni i guerriglieri colombiani, conosciuto varie dittature e che è tormentato da sempre da una diffusa criminalità comune e oggi da una crisi economica sempre più grave e dalla conseguente incertezza politica. Il Parlamento si appresta a votare l’impeachment della presidente Dilma Rousseff, che da giovane aveva fatto la guerrigliera. Ma alla brasiliana, in modo caotico ma senza alcun aggancio con il fanatismo, tanto meno religioso. Il Brasile fa da sé, paga un prezzo, si ubriaca del liquore di Olimpia, si è riempito di atleti e turisti di tutto il mondo ma sa di doversi rinchiudere fra pochi giorni nelle sue meno entusiasmanti discipline. Ma una consolazione ce l’ha, che però non è tale per noi. Una recentissima statistica sulla diffusione del terrorismo nel mondo rivela che esso è in crescita soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, ma è invece in declino nel resto del mondo. Per consolarsi non è purtroppo agevole ma forse tentante rifugiarsi in un bar intitolato ad Osama Bin Laden.