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Rio...Dio Mio !!!!



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Alberto Pasolini Zanelli
Ai Giochi olimpici che si apriranno in poche ore mancheranno gli atleti russi, espulsi per questioni di doping. Quello che non mancherà è lo spettacolo del salto con l’asta. A tentarlo e quasi certamente mostrare al mondo un tremendo ruzzolone, sarà la città ospite, Rio de Janeiro e anzi, almeno in parte, l’intero Brasile. Che ospita gli atleti con due presidenti, un governo da ribaltare e l’eroe nazionale, forse, sull’orlo del carcere.
La prima cosa che gli sportivi hanno incontrato o incontreranno saranno il malo odore dell’acqua nella baia di Guanabara su cui sorge Rio. Le “acque olimpiche” sono invase dalla polluzione. Ogni giorno vi fluiscono 45 milioni di litri di “deiezioni umane” proprio nel posto in cui si svolgeranno le gare di vela e di windsurf. Non è sempre stato così. Rio ha anzi un’ottima pagella di devozione all’ambiente, celebrata in diversi incontri internazionali. Anche stavolta il governo aveva promesso che tutta quella sporcizia sarebbe stata pulita per quattro quinti entro quest’anno; adesso la promessa è stata rinviata al 2035.
In armonia con l’andamento generale del Paese. Il Brasile sta compiendo il terzo anno di crisi, succeduto a un decennio di boom, ai tempi beati in cui forniva otto dei cento uomini più ricchi del mondo nel famoso elenco di Forbes. Li chiamavano brasilionari. Esportavano perfino soia in Cina. Adesso il denaro non entra, corre via. Il Fondo monetario internazionale prevede una contrazione dell’economia dell’8 per cento entro il prossimo anno.
Dall’altare della fama planetaria finirà nella polvere? È troppo e anche troppo presto per dirlo. Ma certo è la fine di un’era. Entro il mese Dilma Rousseff verrà definitivamente allontanata dalla presidenza nel processo di impeachment., Anche formalmente. Il potere vero è già nelle mani del suo ex collaboratore Michael Temer, che non è peraltro al di sopra di ogni sospetto ma si è già seduto su quella poltrona. A Dilma rimproverano molte cose capitate nei cinque anni della sua presidenza: la crisi economica, l’esplosione degli scandali e perfino la sconfitta del Brasile ai mondiali di calcio. Non può essere tutta colpa sua, ma l’hanno danneggiata il suo rifiuto di riconoscere gli errori e una certa arroganza nel potere. E infine anche l’essere stata la pupilla Luis Inacio Luca da Silva, l’ex presidente che da pochi giorni è stato rinviato a giudizio. Dunque sarà processato e questa sì è la fine di un’era. Fino a pochi anni fa le aveva azzeccate tutte. La sua carriera era stata una favola bella. Nato da una famiglia poverissima del Nord-Este, da bambino vendeva aranci e noccioline per le strade. Poi fu un operaio, soprannominato più tardi “Lula il Metallurgico”, molto attivo negli scioperi contro la dittatura militare. Erano tempi in cui tutta l’America Latina ribolliva di tensioni ideologiche e il Brasile non era differente, aspramente diviso fra una ricca élite e una gigantesca sottoclasse che viveva nello squallore. Lula aderì a un Partito dei Lavoratori, si incardinò quattro volte alla presidenza. All’ultima ce la fece e conobbe un grande successo del tutto imprevisto.
 In otto anni di potere riuscì ad estrarre dalla miseria trenta milioni di cittadini e a farli entrare nel ceto medio. Alla scadenza del suo secondo mandato, nel 2010, fu salutato da una percentuale di approvazione dell’87 per cento. Obama lo chiamò “l’uomo politico più popolare al mondo. E piace anche a me”. Pareva infallibile, tranne forse che nella scelta del delfino: Dilma Rousseff non era alla sua altezza, ma nessun altro lo sarebbe stato. La crisi che in questo momento sta massacrando il Brasile non vi è nata: è stata ed è mondiale. La conosciamo tutti, forse a Rio e dintorni è soltanto molto più acuta e non c’è in giro un Lula capace di innescare un altro miracolo. Quello vero potrebbe essere arrestato in ogni momento: l’accusa principale è l’ostruzione di giustizia collegata al processo a un ex manager della Petrobras, il gigante brasiliano del petrolio. È accusato anche di non aver dichiarato la proprietà di un appartamento sulla spiaggia. Il verdetto è incerto, ma quello che conta, quello che tanti si chiedono è se egli potrà ricandidarsi alla presidenza nel 2018. In questo caso i sondaggi dicono che avrebbe di nuovo la maggioranza. Quella sì sarebbe una medaglia d’oro olimpica. Più difficile di qualsiasi salto con l’asta.