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Dove va l'Europa ?


Guido Colomba

Il successo del vertice Renzi-Merkel potrebbe facilitare l'uscita dallo stallo che paralizza l'Europa. L'attesa per le presidenziali Usa accentua il clima di incertezza. I tassi di interesse molto bassi (o sotto zero) danneggiano soprattutto le persone più anziane (non i ricchissimi). Non a caso sono aumentate freneticamente le diseguaglianze mettendo in crisi la middle class alla base del welfare occidentale. E' questa la radice del flop dei consumi e della domanda. Ci vuole un rapido intervento sulla pressione fiscale (il tax rate sulle società vede l'Italia al primo posto con il 64.5% rispetto al 29,6% dell'Irlanda). Eppure la politica di bilancio è paralizzata dallo stallo politico. Come sottolinea il premio nobel, Paul Krugman, "le persone tanto coscienziose" benchè danneggiate dai tassi a zero ritengono doveroso condividere, quasi un clichè identitario, l'allarme sui deficit lasciando indirettamente le banche centrali come "unica risorsa disponibile". Di fatto, non si trova nemmeno un accordo sulla scarsità di investimenti dei Paesi avanzati. Ecco perchè ha una portata storica la mano dura dell'Europa sui "vantaggi fiscali illegittimi" (13 miliardi di euro) che la Apple ha ricevuto dal governo irlandese pagando un'aliquota dell'1% nel 2003 per poi scendere allo 0,005% nel 2014. Cinquanta euro per ogni milione di utili, molti dei quali ottenuti in altri paesi europei. Problemi analoghi esistono in Lussemburgo e Olanda a conferma non solo di una concorrenza sleale all'interno dei confini europei ma di una distorsione pluriennale degli investimenti e della produttività del lavoro. Chiaramente, questa situazione - tanto iniqua quanto nota - smentisce coloro i quali continuano a dire che l'Italia è tra i Paesi a crescita zero e agli ultimi posti in termini di produttività. Non potrebbe essere altrimenti. Con il paradosso che l'Irlanda, mentre rivendica la propria "sovranità" in materia fiscale (e rifiuta di ricevere dalla Apple il rimborso di 13 miliardi), non ha ancora restituito il debito contratto con l'Europa nel salvataggio del 2009 cui ha contribuito il governo di Roma. Se in Italia c'è il peso degli Npl (crediti deteriorati), in Germania vi è la mina "derivati". In un sistema di cambi fissi o quasi fissi si continua a distribuire male i troppi debiti accumulati. Guarda caso sono proprio Germania e Cina ad accumulare, nelle rispettive bilance commerciali, crediti sempre meno garantiti. Purtroppo, le politiche di austerità stanno mettendo in secondo piano il benessere degli europei. Ed è proprio questo rigore che gonfia il vento populista. Carl Bildt, primo ministro svedese dal 1991 al 1994, accusa "la confraternita di Aquisgrana" (dove è custodito il trono di Carlo Magno) di aver costruito una "bolla" che ignora le vere radici dell'Europa, quella dei pensatori e dei commercianti. Questa "bolla" di Bruxelles - afferma Bildt - ha dato materia di critica ai sostenitori più accaniti della Brexit. L'eccesso di deregulation sta portando al fallimento operativo della globalizzazione. La festa è finita e sarà bene che i governanti europei ne prendano atto. Negli Usa non è solo Trump ad alzare le barricate. C'è già una proposta di Obama, depositata al Congresso Usa, che consentirà ai grandi gruppi statunitensi di rimpatriare gli ingenti utili accumulati all'estero con una aliquota flat del 14% anzichè quella ordinaria del 35%. Una proposta che coincide con la crisi degli accordi commerciali Pacifico-Atlantico,Ttp e Ttip.