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Draghi, Renzi e la trappola tedesca


 
Guido Colomba

Mentre Draghi striglia le banche ancora troppo numerose e alla ricerca di redditività, in Italia la politica industriale 4.0 comincia a prender forma con un ventaglio di provvedimenti proiettati sul futuro. L'intesa con gli Stati Uniti è molto forte. Ma resta l'ostacolo, assai rilevante, di sfuggire alla trappola tedesca. In che cosa consiste? La cancelliera Angela Merkel sta gestendo la politica degli immigrati in modo tale (vedi accordo preferenziale con la Turchia e la nuova offerta all'Egitto) da mettere l'Italia in un "cul de sac". Lo strumento è subdolo poichè non c'è mai un attacco frontale ma un colpo ben mirato di condizionamento finanziario. Berlino sa benissimo che, in Italia, i fondi per l'accoglienza sono finiti. Da fine marzo scorso le società che garantiscono vitto e alloggio a 159mila persone non ricevono più pagamenti dal Viminale. Mancano 600 milioni destinati a salire a un miliardo a fine anno. Un problema che complica la trattativa (maggiore elasticità di bilancio) con Bruxelles in vista della manovra economica per il 2017-2018 esiziale per il mantenimento della pace sociale afflitta da una deflazione senza fine. Altre due notizie oscurano questo scenario. La prima riguarda la paura degli immigrati che si è diffusa anche in Italia. Secondo il sondaggio di "Demos Repubblica" l'83% chiede più controlli nell'area Schengen. La seconda riflette il referendum del Canton Ticino che ha votato a favore di limiti per i lavoratori frontalieri (sono oltre 70mila quelli italiani). Dunque, la nostalgia dei muri avanza e i governi europei si adeguano (Hollande è corso a Calais dove sarà eretto un muro alto quattro metri) per frenare la destra xenofoba. Proprio in questa congiuntura, Bruxelles tende a frenare le attese del governo Renzi negando a Padoan la necessaria intesa preventiva per varare la manovra economica. Essa, oltre a bloccare l'aumento dell'Iva, contiene incoraggiamenti economici (pensioni, bonus di produttività ecc.) molto attesi. Basti pensare che gli incentivi (superammortamenti) rinnoveranno oltre il 50% dei robot industriali, ricetta irrinunciabile per la produttività. Di pari passo vi è il problema delle banche i cui margini perduti destano allarme. Tra il 2011 e il 2015 gli oneri straordinari hanno zavorrato i conti delle banche europee per ben 123 miliardi a fronte di oneri per 39,5 miliardi delle grandi banche Usa. Il solo Credit Suisse ha visto i suoi ricavi scendere del 30%, Ubs e Deutsche Bank del 22%, Commerzbank del 21%, Royal Bank of Scotland del 13% (con una perdita globale post-Lehman di oltre 40 miliardi di sterline). Non sorprende che anche le banche italiane soffrano degli stessi mali. Il bail-in è un mostro da chiudere in una ampolla di zinco (di qui il cambio di passo per Mps). Al tempo stesso esiste una grande "asimmetria" tanto che i profitti sul mercato mondiale dei capitali sono arrivati nel 2015 a 593 miliardi di dollari e nel 2016 potrebbero arrivare a 661 miliardi (stima del Boston Consulting Group). Con un piccolo dettaglio: il 90% dei capitali in gestione (circa 9000 miliardi) fa capo alle dieci maggiori banche di investimento. Qui il delevarage non ha funzionato. Il rischio sistemico è solo potenziale ma per le banche centrali il timore è palpabile.