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Senza una buona legge elettorale l’Italia diventerà la pecora zoppa dell’Europa



Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 23 aprile 2017

Una buona legge elettorale è essenziale per il futuro del nostro paese. Al tempo stesso tutti siamo convinti che l’attuale legge non abbia alcuna possibilità di produrre un governo stabile per l’Italia. Nonostante questo, appare sempre più evidente che i partiti rappresentati in Parlamento non hanno alcuna intenzione di affrontare un tema così importante.
Parto dalla banale considerazione che il compito di un sistema elettorale non sia tanto quello di fotografare lo stato di un paese ma quello di permettere la formazione di un governo stabile e possibilmente in grado di durare per l’intera legislatura. A partire dal secondo dopoguerra l’Italia democratica ha purtroppo sofferto per quasi mezzo secolo di una cronica instabilità, in conseguenza di un sistema elettorale proporzionale sia per le elezioni locali che per quelle nazionali.
Nel 1993, sulla spinta del movimento referendario, una nuova legge per i comuni  ha finalmente garantito la stabilità del governo a livello locale.
A partire dal 1994, grazie a un mandato largo e nitido di un referendum popolare, una maggiore stabilità a livello nazionale è stata resa possibile  da una nuova legge basata sulla prevalenza di collegi uninominali, il così detto Mattarellum.
Pur ancora fragile in conseguenza della permanenza di un quarto dei membri del Parlamento eletti con il sistema proporzionale e nominati dai partiti politici, il Mattarellum sembrava riuscire nel suo proposito di dare all’Italia un periodo di stabilità. Interessi politici contingenti hanno invece spinto in direzione opposta e, nel 2005, proprio a ridosso di nuove elezioni politiche, è stato adottato un nuovo sistema elettorale che, per la sua chiarezza e coerenza, venne battezzato dal suo stesso proponente, con l’affettuoso nome di “porcellum”. Nel 2014 la Corte Costituzionale ne ha modificato gli aspetti palesemente anticostituzionali, lasciando naturalmente al Parlamento la responsabilità di provvedere alla formazione di una nuova legge.
Dal pronunciamento della Consulta sulla legge Calderoli in poi abbiamo assistito ad infinite schermaglie e solenni dichiarazioni sulla necessità di assicurare finalmente al Paese un sistema elettorale che permettesse un governo stabile e, soprattutto, che rendesse possibile conoscere, immediatamente dopo lo spoglio dei seggi, il nome di chi avrebbe governato il Paese per cinque anni.
Sappiamo come è andata: il Parlamento ha approvato, a larga maggioranza anche se con il voto di fiducia, il cosiddetto “Italicum”, valido solo per l’elezione della Camera dei deputati ma non per il Senato (di cui si prevedeva il superamento).  Ciò che resta di quella legge elettorale dopo il pronunciamento della Consulta, è un sistema proporzionale con un premio di maggioranza alla lista che avrà ottenuto almeno il 40% dei voti. Tale legge prevede inoltre i cosiddetti “capilista bloccati”, cioè nominati dalle segreterie dei partiti.
Con questo sistema elettorale e con la conseguente moltiplicazione dei partiti politici incoraggiata dalla prospettiva del ritorno al proporzionale, i due obiettivi (di assicurare al governo la stabilità e ai cittadini elettori di conoscere prima del voto il nome di chi li avrebbe governati) sono oggettivamente irraggiungibili. La legge attuale spinge infatti verso coalizioni imprevedibili e instabili e conduce all’elezione di parlamentari rigorosamente imposti dai vertici dei partiti, con una capacità di scelta da parte dei cittadini sostanzialmente nulla.
La maggioranza dei parlamentari, pur proclamando la necessità di formulare programmi chiari e alleanze trasparenti e stabili prima del voto, sostiene di fatto il sistema attuale. Evidentemente ritengono che esso sia la migliore garanzia per essere rieletti. Assistiamo perciò a una moltiplicazione di dibattiti puramente retorici, che mai approdano ad una seria discussione in Parlamento.
Vi è chi sostiene che nessun progetto ha la possibilità di essere oggi approvato ma questo non può esimere i partiti politici dall’obbligo di rendere palese, in un approfondito confronto parlamentare, il sistema elettorale che essi ritengono più utile per il futuro dell’Italia. Per non sfuggire anch’io a questo dovere, voglio esprimere con chiarezza il mio parere.
In un periodo storico ormai segnato da una verticale caduta dell’approfondimento del dibattito politico e da un progressivo deterioramento dei metodi di selezione dei candidati, per evitare un’ulteriore caduta del livello dei nostri rappresentanti, l’unico sistema in grado di portare l’Italia nel rango delle democrazie moderne è un sistema fondato su collegi uninominali. Con il crollo della vita politica dei partiti e gli evidenti limiti della democrazia della rete, ai cittadini rimane infatti solo il potere di conoscere direttamente i candidati e di scegliere tra essi quello che loro giudicano il migliore. Il collegio uninominale è l’unico strumento che i cittadini hanno in mano per obbligare i partiti a proporre candidati forniti di capacità e di credibilità. In parallelo il premio di maggioranza alla coalizione è il necessario corollario per sapere per quale governo si vota.
Personalmente ho una crescente fiducia che le elezioni francesi e tedesche potranno donare maggiore stabilità alle nostre democrazie. Cerchiamo perciò di evitare che sia proprio l’Italia a diventare la pecora zoppa dell’Europa, divorata dai lupi in occasione della prima crisi.